La buona comunicazione: questione di anima

“Una ricetta non ha anima. E’ il cuoco che deve infondere anima nella ricetta.”
È un’affermazione dello chef e imprenditore americano Thomas Keller che ben si adatta anche alla comunicazione, come ci ha confermato un episodio di qualche tempo fa.

Al termine di un convegno sull’innovazione digitale, cui eravamo presenti insieme a una nostra cliente, ci ritrovammo inaspettatamente a chiacchierare con lei di cucina e buon cibo.
In quell’occasione, ci raccontò del suo …robot da cucina, uno di quelli che faceva davvero tutto, dal pane fino ai dolci più complessi.
L’aveva ricevuto in dono da un amico: all’inizio ne era stata entusiasta, ma poche settimane dopo aveva scelto di riporlo in cantina.
Quel magnifico robot era sì efficiente, ma rendeva i suoi piatti tristemente anonimi.

Era la stessa sensazione, ci confidò, provata in occasione di sue pregresse collaborazioni con qualche grande società di comunicazione, a suo dire, capace solo di produrre comunicati confezionati con lo stampino, incolori video aziendali, noiosi corsi di formazione.
Questi “piatti” insapore venivano, peraltro, “innaffiati” da report super dettagliati di attività e relativi timesheet, esibiti con l’orgoglio di chi sta mostrando un vino dalla grande etichetta…
Insomma: il menù di quel “ristorante”, appetitoso all’apparenza, si era invece rivelato decisamente senza gusto.

La sorpresa

Con nostro stupore, aggiunse che la differenza, nel lavorare con noi, stava proprio nella nostra capacità di garantire alla sua azienda non solo semplice professionalità ma anche personalizzazione dei servizi di consulenza.

Sgomberiamo il campo dagli equivoci.

Onestamente, non conosciamo il valore della nostra interlocutrice ai fornelli né quello dello sfortunato robot da cucina. Né, tanto meno, siamo certi dell’autenticità dell’aneddoto: non escludiamo, anzi, che si sia trattato di un modo carino per rivolgerci dei bei complimenti.
Comunque sia, le sue parole ci hanno fatto davvero piacere.
Un piacere che va al di là della legittima vanità.

Una scelta precisa

Quando fondammo BMP nel 2010, era proprio questo che avevamo in mente: dar vita a un’agenzia piccola e agile che, fuori dalle logiche dei grandi numeri spesso imperanti in organizzazioni ben più complesse, ci consentisse di dedicarci con passione all’aspetto che più amiamo del nostro lavoro: la consulenza a fianco dei clienti.

Da sempre, in quest’ottica, siamo convinti che il primo ingrediente per la buona riuscita di una collaborazione sia la trasparenza.
Prendiamo come esempio l’iniziale momento d’incontro tra una società di consulenza e il suo potenziale cliente: capita troppo spesso che il team di professionisti presentati in fase di pitch non sia lo stesso che poi sarà schierato nell’operatività quotidiana. Consulenti senior e dai biglietti da visita “importanti” che sembrano dissolversi nel nulla, o compaiono solo periodicamente, dopo la firma del contratto. E invece il valore economico di questo, e quindi la congruenza dell’investimento, è direttamente proporzionale anche al livello dei consulenti che implementeranno le attività concordate.

Nelle strutture più piccole, invece, ogni cliente è realmente un cliente importante, da affiancare quotidianamente con massima cura, attenzione e, soprattutto, esperienza.
Non per …generosità: spieghiamo perché.

Almeno due ragioni

In primo luogo, essendo l’organizzazione di dimensioni veramente minori, chi la gestisce è anche chi gestisce i clienti giorno per giorno (ed è facile evincere quali possano essere le differenze di motivazione rispetto ad altre situazioni).

La seconda ragione è che, avendo una minore capacità di sviluppo del business (ad esempio, per quantità di risorse ad esso dedicato o numero di clienti acquisiti “per inerzia” da filiali estere), diventa vitale la costruzione di relazioni a lungo e lunghissimo termine che si possono e devono fondare sulla massima soddisfazione del cliente.

Nessun pacchetto standard, dunque.
Per evitare piatti dal sapore industriale, occorrono: selezione attenta di ingredienti di massima qualità, capacità tecnica di lavorazione, esperienza nell’apportare quelle variazioni alla ricetta che le diano un gusto originale.
In pratica, bisogna saper individuare, personalizzare e combinare i servizi di comunicazione nel rispetto delle peculiarità di ciascun cliente e in linea con i suoi obiettivi specifici di business.

Infine, attenzione a…

Continuando con la metafora, c’è almeno un ulteriore fattore da non sottovalutare e che riguarda non il cibo ma la filosofia del …ristoratore.

Un fast food offre probabilmente grande organizzazione e abilità di gestire decine e decine di coperti ma servizio (quando c’è…) e portate di livello standard; in un ristorante con le …stelle, avremo garanzia di pietanze e vini d’eccellenza ma, probabilmente, a prezzi altrettanto …stellari; nelle osterie di qualità, invece, materie prime selezionate, sapori antichi, ricette moderne e attenzione al cliente, possono conquistare anche i palati più esigenti. Ovviamente, solo se l’oste deciderà, per scelta e non per necessità, di avere un numero limitato di tavoli. In questo senso, è anche la “sostenibilità” del portafoglio clienti a determinare la qualità del servizio.

Pure per una piccola agenzia di comunicazione.

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